A Milano in una libreria, appena spostata dal confusionario centro cittadino, dal nome vagamente retrò “Libreria Centofiori” uno dei padri della viticoltura rigorosa ha presentato il libro a lui dedicato scritto da Stefano Caffarri, con le foto di Alvise Barsanti e in collaborazione con Il Cucchiaio d’Argento.
L’essenza di questo libro sta’ già nel titolo
stesso “Gravner – Coltivare
il vino” .
Il volume vuole essere un omaggio a Joško
Gravner, alla sua cantina e al suo essere viticultore, conosciuto in Italia e
nel mondo per i vini in anfora e per le lunghe macerazioni sulle bucce.
I vini di Gravner
sono vini che bastano a se stessi, vanno bevuti più che raccontati, niente tecnicismi.
Una delle parole
chiavi per Joško è il tempo, quando
il vino è solo nel pensiero; nel pensiero nel modo di pensare e nel modo di
assaggiarlo.
Fare meno cose possibili, il vino è
semplicità, ma ci vuole completezza nel senso “gravneriano”, basti pensare alla
Ribolla gialla.
Nel tempo il pensiero di Joško è cambiato.
Prima diceva che avrebbe voluto produrre tanto vino e buono. Ora deve ammettere
che non si può fare, “ aveva ragione mio
padre” - e il suo pensiero corre per rifugiarsi in un tempo passato – “ se n’è andato prima che gli potessi dire
che aveva ragione”.
Esce ora l'annata
2007, un'annata molto particolare perché è la prima che il produttore di
Oslavia ha fatto affinare per ben 7 anni prima di farla uscire sul mercato. Per
Gravner il numero sette ha un significato magico, che ritorna spesso nella sua
vita. Ma è anche un intervallo di tempo che permette ai suoi vini di esprimere
al meglio il proprio carattere, di parlare di lui, del suo modo di vedere,
vivere e coltivare la terra. Il tempo
è un giudice severo, se si è lavorato male nelle vigne questo si riflette nella
bottiglia. Il vino è come un bambino, gli si deve lasciare il tempo di
crescere.
Quando sbaglio lo
ammetto, dichiara candidamente Joško. Io ho imparato dai miei sbagli. Un
esempio: ho cambiato la cantina per ben tre volte, ma questo mi è
costato…niente sabati ne domeniche.
Trenta scatti ad opera di Alvise
Barsanti,
fotografo professionista specializzato nel settore vitivinicolo con una
particolare predilezione per lo still life. La fotografia è la sintesi portata
all’estremo, dichiara l’autore Stefano
Caffarri,
direttore delle iniziative speciali del “Il Cucchiaio d’Argento”.
Uno dei “segreti” di questo viticoltore,
prosegue l’autore, è la tecnica del non fare; non perdersi nei dettagli, ma
senza trascurarli; sembra un ossimoro, ma non lo è!
“Joško
è un romanzo vivente!” dichiara Caffarri, guardando questo viticoltore che quasi non
curante del pubblico continua: “ ci sono
due modi di fare il vino: tramite ricerche di mercato o facendo il vino! Io ho
scelto di fare il vino. Per fare il vino non servono polverine e ce ne sono più
di 300 di aditivi che si possono aggiungere a questa bevanda. Quando Dio distribuì il gusto molti hanno
marinato!”
Il libro, dedicato al figlio Miha, racconta
la storia di Joško Gravner racchiusa in una serie di cerchi, che passano dalla
cantina alla vigna, dalla terra alla terracotta, senza soluzione di continuità.
Dai grandi successi con i vitigni internazionali degli anni '80 e '90 fino alla
grandinata del '96, anno in cui ha acquistato la sua prima anfora. A proposito
di quella grandinata, mentre lui dietro alle finestre vedeva la grandine
abbattersi sui vigneti, ricorda le parole dello zio: “la Natura dà e la Natura toglie! Non ti devi arrabbiare Joško, la Natura ci da sempre tanto e a volte ha
anche il diritto di togliere…ricordatelo.”
Questo e molto altro è presente nel libro. “Caffarri
è riuscito ad esprimere con le parole la nostra essenza - dichiara Mateja
Gravner, coordinatrice editoriale del
libro e figlia di Joško – quello che siamo, quello che facciamo e quello che i
nostri vini vorrebbero comunicare. Per noi tutto ruota attorno al titolo:
coltivare il vino, l'inizio e la fine di questo racconto, così come l'inizio e
la fine del nostro lavoro”.
Che altro
dire…Santè!!!
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