Ambiente, Turismo e Social: il Futuro del vino Siciliano
Durante il convegno organizzato a Expo da
Assovini Sicilia e Consorzio Sicilia Doc è stata tracciata la ricetta del successo: studiare i mercati
internazionali per adottare la strategia più efficace, produrre in modo
sostenibile, valorizzare la ricerca e la comunicazione sui new media
Un’attenzione
verso l’ambiente e la produzione biologica che rappresenta un caso unico a
livello nazionale. Un appeal in costante aumento sui mercati di Germania, Giappone
e Usa, grazie a un territorio che come pochi altri sa raccontare al consumatore
la passione dei viticoltori e la loro storia, puntando sull’enorme attrattività
turistica della Sicilia. Una realtà con un passato secolare che oggi raggiunge
e incuriosisce anche i giovani stranieri, grazie ai social network e ai new
media.
Sono
queste, in sintesi, le certezze di oggi e le sfide di domani per il vino
siciliano che sono state tracciate il 5 luglio a Expo nel corso del convegno internazionale “A mosaic of wines: past, present and future”, organizzato dalla Regione Sicilia, in collaborazione con
gli Assessorati all’Agricoltura e alle Attività
produttive, con il Consorzio Sicilia Doc e Assovini Sicilia.
In
platea, accanto a produttori, giornalisti e rappresentanti del trade, anche una delegazione di operatori cinesi, tra cui il
vicepresidente dell’associazione per il commercio di vini e liquori, e una di
giornalisti americani. Temi principali, la ricerca
scientifica, la sostenibilità
ambientale, l’evoluzione dei mercati
e le nuove strategie di comunicazione.
La
prima sessione ha evidenziato il ruolo strategico della ricerca per la
crescita del Sistema Vino Sicilia. L’intervento del prof. Rosario Di Lorenzo
della facoltà di Agraria dell’Università di Palermo, ha
delineato l’importanza dell’identità territoriale anche attraverso il recupero
di antichi vitigni, mentre il dr. Daniele Oliva dell’Istituto
Regionale Vini e Oli di Sicilia, ha relazionato sul ruolo fondamentale dei
lieviti durante la fase di vinificazione. Ricerche e studi che, ormai da
diversi anni, coinvolgono i diversi attori regionali tra i vari istituti di
ricerca, assessorato e produttori, creando una perfetta sinergia.
Ad aprire la seconda sessione, Antonio Rallo, presidente del Consorzio di Tutela dei vini doc
Sicilia e ad di Donnafugata, che ha tracciato un excursus sulla storia
millenaria dell’enologia siciliana, per arrivare alla denominazione unica, nata con l’obiettivo di offrire uno strumento
in più alle aziende per presentarsi all’estero con un brand unico e rendere più
riconoscibile l’enologia regionale.
«Stiamo mangiando il pianeta» è invece l’espressione forte con cui Alberto Tasca, dell’azienda Conte Tasca
d’Almerita e consigliere di Assovini Sicilia, ha aperto la propria relazione
incentrata sul tema dell’ecosostenibilità. Ha però specificato come l’emergenza
ambientale che oggi il mondo produttivo sta affrontando possa diventare un’opportunità,
a patto che venga utilizzato un approccio multidisciplinare. «La Sicilia - ha illustrato - è
la regione più avanzata nel percorso verso l’agricoltura in armonia con
l’ambiente: qui la viticoltura biologica
rappresenta il 38% di quella nazionale e il 23% dell’energia elettrica utilizzata proviene da fonti rinnovabili». Un percorso iniziato
da tempo in Sicilia, dove 7 anni fa è nato SOStain,
il primo programma per le cantine teso a promuovere un modello sostenibile e
trasparente, basato su parametri oggettivi.
Mercato internazionale: Giappone, Germania e Usa a confronto
Al
brand unico e alla produzione sempre più ecosostenibile, va unita una strategia
di vendita “su misura”, basata sulla conoscenza approfondita dei Paesi che si
vogliono approcciare. È quanto evidenziato dai tre opinion leader Isao Miyajima, Christian
Eder e Leonardo Lo Cascio.
«In Giappone - ha spiegato Miyajima - il mercato del vino made in Italy non è cresciuto molto negli ultimi anni
perché spesso i produttori si sono limitati a saturare i ristoranti italiani invece di inaugurare nuove strade
per la promozione. Non è il vino francese il principale competitor di quello italiano ma lo sono la birra e il sakè. La sfida - ha
concluso - è rendere il vino parte del consumo quotidiano, mentre oggi è
relegato a celebrazioni e occasioni formali. Per farlo, è fondamentale puntare anche
sull’appeal turistico del territorio
e in questo la Sicilia ha ottime
potenzialità».
Le
dinamiche dei mercati di lingua tedesca - Germania,
Svizzera e Austria – sono state illustrate dal giornalista austriaco Christian Eder della rivista Vinum. «Il 40%
del vino estero consumato in Germania è
italiano ma il 48% è ancora venduto nella catena dei discount e la media
del prezzo a litro è di 2,8 euro» ha esordito. «Tuttavia c’è un grande interesse per le produzioni regionali e biologiche, eccellenza della Sicilia, per cui
il consumatore è disposto a pagare di più». In Austria il vino italiano,
quasi esclusivamente rosso, è venduto per il 70% nel canale horeca. Il 70% dei
bianchi è di produzione nazionale mentre il 30% è importato. «Anche in questo caso – ha concluso - un
ruolo importante è giocato dall’amore
che i consumatori austriaci provano nei
confronti della Sicilia come destinazione turistica».
Secondo Leonardo Lo Cascio, fondatore di
Winebow, uno dei più importanti importatori americani, il mercato a stelle e
strisce presenta ancora grandi potenzialità con i suoi 300 milioni di abitanti,
nonostante la sua complessità. «Essendo
una realtà composta da 50 Stati con 50 leggi diverse – ha illustrato - la catena della distribuzione ha regole molto
rigide, che portano il prodotto finale a costare quattro volte il prezzo
originale». Inoltre, i distributori
ricoprono una posizione di importanza
primaria: dai 7.000 del 1990 sono passati a 700 nel 2015 e cinque di questi controllano il 50% del
mercato. «Il vino siciliano - ha concluso - ha possibilità di crescita elevate a patto che si investa nella conoscenza del mercato e nella costruzione di un dialogo con il
distributore».
È poi stato
affrontato il rapporto tra nuovi media e mondo del vino. «È necessaria una comunicazione
efficace, capace di raggiungere i target in modo originale» secondo Virginia Devlin dell’agenzia
americana Current, responsabile della campagna di comunicazione USA della Doc
Sicilia. «Gli americani bevono più vino degli
italiani. Il 54% tra i consumatori americani conosce la Sicilia, ma solamente il 9% sceglie i vini siciliani»,
ha proseguito.
L’obiettivo,
secondo Devlin, sono i cosiddetti Millennials:
una nuova generazione di giovani, multietnici, liberali e molto social, che vivono la vita in presa
diretta e vogliono provare esperienze nuove. «Sono attratti dalle novità e, in questo caso, cercano vini autentici e meno pretenziosi – ha illustrato - . L’85% di loro, infatti, acquista etichette poco
conosciute. Per raggiungerli - ha concluso
la relatrice - bisogna utilizzare in modo accorto i social media, in particolare Facebook, ma anche un mix di media
extra-settore come le testate di lifestyle e i quotidiani».
A tirare le somme
dell’incontro, l’assessore all’agricoltura della Regione Sicilia, Sara Barresi: «Ogni mercato rappresenta una realtà diversa, che va studiata e
analizzata – ha commentato. - Abbiamo già le caratteristiche vincenti per
conquistarne alcuni, come la Germania, ma la vera sfida sarà avvicinare al mondo del vino i giovani, che oggi consumano
soprattutto superalcolici e birra.
La Sicilia ha tutte le potenzialità per raggiungere questi obiettivi, ora è necessario
individuare la strategia adatta per ciascun mercato utilizzando tutti i mezzi a
disposizione: dalla ricerca scientifica
alla promozione. In questo, la Regione continuerà a essere al fianco del
mondo produttivo».
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