1 maggio 2014

UNA BIRRA “BOLGHERESE”… SÌ UNA CUDERA

BIRRA: UNA BEVANDA CHE VIENE DAL PASSATO

La birra nel nostro Paese viene consumata prevalentemente nei mesi caldi, questo perché culturalmente e tradizionalmente è il vino la bevanda principe sulle nostre tavole.
Solo ultimamente questo prodotto ha trovato un pubblico di appassionati; manca però una cultura simile a quella del vino che ci permetta di poter scegliere tra l’ancora “caotico” universo delle birre.
Vediamo di fare un po’ di chiarezza. Le birre sono divise per STILI, a loro volta raggruppati in tre categorie: ale, lager e lambic.
Lager: birre a bassa fermentazione, rappresentano circa il 90% della birra prodotta. Una delle caratteristiche di queste birre è il naso "pulito" e si nota soprattutto la presenza di malto e luppolo.
Ales: birre ad alta fermentazione, costituiscono circa il 10% del mercato mondiale, ma, in alcuni Paesi, rappresentano il 50% della birra consumata. Spesso sono riconosciute per una maggior complessità grazie ai sapori e agli odori ricchi di aromi floreali, speziati e fruttati. Si va dalle Ales Anglosassoni alle Ales Belghe per poi passare alle birre di frumento.
Lambic: birre prodotte quasi esclusivamente in una regione del Belgio meridionale. Il mosto viene esposto ai lieviti indigeni selvatici, come il Brettanomyces bruxellensis; si sviluppa così una "fermentazione spontanea", che conferisce a queste birre caratteristiche uniche, come un gusto forte, acidulo e aroma vinoso e aspro.

I lieviti, nel corso del tempo, hanno fatto la differenza: da quelli spontanei, presenti nell’aria, si passa a lieviti aggiunti al mosto da mano umana, differenziando così la fermentazione. Aiutati dal progresso tecnico e scientifico, che seleziona e alleva vari ceppi di saccaromiceti, si arriva all’utilizzo di due diversi fermenti: saccaromices cerevesiae e saccaromices carlsbergensis.
Il primo lavora a temperature comprese tra circa 15 e 25 gradi e sale in superficie nel tino di fermentazione, dando vita alle birre ad alta fermentazione. Il secondo, invece, fermenta a temperature tra circa 5 e 10 gradi e si deposita sul fondo del tino, dando vita alle birre a bassa fermentazione.
A chi non è mai capitato, almeno una volta, in un pub di sentire chiedere una birra doppio o triplo malto? In realtà il gestore, ogni volta e con pazienza, dovrebbe rispondere: «bene, adesso che ha scelto il grado di zuccheri nel mosto, potrebbe dirmi quale birra desidera?».
In realtà la birra doppio è un’invenzione del legislatore italiano che, per motivi fiscali, ha suddiviso le birre in varie categorie (analcolica, light, normale, speciale, doppio malto) a secondo del Grado Plato (unità di misura del livello di zuccheri contenuti nel mosto della birra).
Sfortunatamente la diffusione di questa espressione errata nei pub e nelle birrerie ha, di fatto, portato all’identificazione della birra doppio malto con una birra “forte” e quella triplo malto “ancora più forte”.
La legge italiana classifica la birra in base alla concentrazione zuccherina del mosto (ovvero in Gradi Plato, che non è la percentuale di alcol scritta sulle bottiglie), per una questione di pagamento delle accise Art. 2 (Così sostituito da D.P.R. 30.6.98 n. 272.)

Denominazione
Grado Plato
Grado Alcolico (% Vol.)
  BIRRA ANALCOLICA
3 – 8
< 1,2
  BIRRA LIGHT
5 – 10,5
1,2 – 3,5
  BIRRA
> 10,5
> 3,5
  BIRRA SPECIALE
> 12,5
> 3,5
  BIRRA DOPPIO MALTO
> 14,5
> 3,5

L'Italia non avendo una vera e propria tradizione birraia non ha dei suoi stili, pertanto il neo-nato movimento birrario artigianale italiano, iniziato poco più di 10 anni fa, ha deciso di ispirarsi agli stili degli altri Paesi, adattandoli e personalizzandoli. Negli ultimi anni la qualità delle birre artigianali italiane ha raggiunto dei buoni livelli. Molti birrai stanno vincendo premi internazionali con i loro prodotti. In ogni regione poi si cerca di caratterizzare le proprie birre con prodotti locali. Ed ecco che troviamo in Toscana birre di farro, con aggiunta di castagne, di Vin Santo o mosto. Proprio questo è l’ingrediente caratterizzante della Cudera, una birra prodotta in Garfagnana, con l'aggiunta di mosto di uve bolgheresi, Cabernet Sauvignon e Merlot.
Etienne Henri Hunyad, la cui famiglia possiede un’azienda vinicola nella denominazione Balaton nel sud-ovest dell'Ungheria, circa 3 anni fa ha deciso di produrre una birra tra i cui ingredienti troviamo il mosto d’uva, circa un 10%, in aggiunta a malti e luppoli, per dare uno spessore vinoso al prodotto. La voglia di provare gli viene dal nonno materno, Mario Incisa della Rocchetta, che fu il primo a sperimentare e a piantare vitigni francesi nella zona di Bolgheri, dando vita così al Sassicaia. Il mosto utilizzato nella Cudera non è, comunque, quello del Sassicaia, ma quello di una vigna vicina. Questa birra viene creata con la collaborazione di Roberto Giannarelli, vincitore, nel 2006, del premio Union-birrai per la miglior birra con altri cereali. Il nome “Cudera”, formica tenace e aggressiva, non ha un vero e proprio significato, è stato pensato da Etienne guardando le travi del suo tetto piene di questi animaletti e a come liberarsene. Forse non è riuscito nel suo intento, ma sicuramente nella sua birra troviamo un po’ della tenacità della formica di cui ha preso il nome.
Forte e intensa, una birra color ambra scuro, con un cappello di schiuma fine, persistente color crema. Il bouquet è fine ed elegante, abbastanza intenso e complesso; sono presenti note dolci e fruttate, evidente è il profumo di uva fragola per poi passare al miele di erica, more, chinotto e naturalmente di mosto. Buona la corrispondenza gusto-olfattiva, l’entrata amara è subito equilibrata dalla dolcezza dell’uva fragola, poi ritorna una sensazione luppolata. La bella persistenza fa si che la birra si abbini bene a formaggi di media stagionatura, carne bianca, ma va bene anche con una crostata di frutta a bacca nera o alla tipica schiacciata toscana all’uva.

La Cudera ha una gradazione di 7,2 vol., come tutte le birre di qualità ha una rifermentazione in bottiglia, i lieviti sedimentano sul fondo, bisogna per questo far attenzione al servizio. Per degustarla al meglio si posso usare calici da vino e accompagnarla con abbinamenti dolci o salati a seconda dei gusti. Non rimane che provare!

(Già pubblicato su BolgheriNews gennaio 2013)

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